di Loris Campetti
“Ma io, Nicola, sono stato bravo? Nella nostra fascia d’età – cinquantenni senza presente né futuro che dal passato lavorativo hanno ereditato solo malattie – c’è la tendenza a colpevolizzarci, a dirci ‘forse è colpa mia che non sono stato capace…’. Io che dovrei aiutare i miei tre figli a sistemarsi in realtà non sono neanche riuscito a sistemare me stesso. Allora ti chiedi cosa sia successo, anzi, com’è possibile che sia successo quel che è successo. Dove vado a 54 anni? In Germania? In Svizzera? È dal 2011 che non riesco più a trovare un lavoro: arrivo a un colloquio, lo affronto positivamente, ma al momento della visita medica non mi danno il certificato di sana e robusta costituzione perché scoprono le mie difficoltà respiratorie e quella tosse maledetta. Per un po’ sono riuscito a camuffare i miei problemi di salute, poi, più niente da fare”.
“Maledetto amianto, che bel regalo mi ha fatto. Qualche giorno fa abbiamo seppellito Salvatore. È la ventesima vittima dell’amianto ingoiato scoibentando qualcosa come tremila vagoni ferroviari, senza alcuna protezione a parte una mascherina leggera con l’elastico per tenerla su. Grattavamo via quella merda con una sbarra di ferro, un lavoro che i ferrovieri giustamente non avevano voluto più fare, ma non sapevamo nulla dei rischi che correvamo. Quando cominciò ad arrivare un po’ d’informazione ci facemmo sentire con il padrone, ci rivolgemmo alla Asl, all’ispettorato del lavoro, alla magistratura: non si mosse una foglia mentre Elio Graziano, il padrone della Isochimica di Avellino, ci sfotteva: ‘Vi fa più male bere coca cola che respirare un po’ d’amianto'”.
“Ho una figlia piccola di 13 anni che va a scuola e altri due, rispettivamente di 22 e 24 anni, disoccupati. Viviamo con lo stipendio di mia moglie, sui 900 euro e non abbiamo neppure la casa di proprietà. Il bello è che per non scoraggiare i miei figli devo farmi vedere forte, minimizzare le difficoltà. Arrivo a dire loro: vedrete che con il jobs act qualcosa cambierà. Figuriamoci, con il jobs act! Mi hanno riconosciuto solo il 5% di invalidità e non mi danno una lira; non posso usufruire della legge sull’amianto per la pensione perché ho meno di dieci anni di esposizione; non riesco a trovare lavoro perché nessun medico mi firma più il certificato. Non sono solo in questa condizione, eravamo in 330 all’Isochimica, 20 li abbiamo già sotterrati e su 200 di noi sono state riscontrate sintomatologie legate all’esposizione all’amianto”.
Nicola è uno dei 330 operai dell’Isochimica, azienda inventata da Elio Graziano all’inizio degli anni Ottanta. Ad Avellino, Irpinia, una specie di Mecca per la Dc fino alla sua scomparsa a opera di Mani pulite. I De Mita, Mancino, Gargano, Bianco, Zecchino erano i pilastri su cui si reggeva il potere. Irpinia, terra di terremoto e soprattutto post-terremoto, ricostruzione infinita e scandali, affari e malaffare, camorra e benefattori, evasione fiscale e lenzuola d’oro. È in questo contesto che si allungano le braccia di Elio Graziano, quasi coevo di Ciriaco De Mita che un anno fa, alla tenera età di 86 anni, si è fatto eleggere sindaco a Nusco, il suo paese. Papà Elio, come lo chiamano con devozione famigli, sherpa e imbonitori, è di quelli che si sono fatti da sé: figlio d’arte di un ferroviere, come ferroviere viene assunto da studente, finché consegue la laurea da ingegnere chimico. Con le ferrovie sempre nel cuore, si inventa l’affare del secolo: ripulire dall’amianto i vagoni. All’inizio il problema dell’amianto nelle carrozze fu affrontato con la solita furbizia italiota: i vagoni impestati furono regalati all’Albania post-comunista, un “gentile dono del popolo italiano”.
Graziano inizia negli anni del terremoto dell’80 nella stazione di Avellino, dove mette gli operai a grattare l’amianto all’aperto, tra i passeggeri in arrivo e in partenza, poi si inventa l’Isochimica, due capannoni di cemento e amianto dove vengono trasportati su rotaia i vagoni da scoibentare. 330 dipendenti, la maggioranza legata al padrone che ha portato il lavoro. 2.276 tonnellate d’asbesto rimosse senza protezioni in meno di un decennio, sotterrate nell’area della fabbrica, ammassate in più di 500 cubi giganteschi e in parte spedite chissà dove.
Intanto cresce il prestigio di Graziano, applaudito dagli operai – non tutti, per fortuna, una settantina prende coscienza e inizia una lotta minoritaria osteggiata dalla gente del quartiere attaccato alla fabbrica e asfaltato dalle fibre di amianto (“Ci sputavano addosso dai balconi quando sfilavamo in corteo”). Graziano è favorito da politici, amministratori, Asl e ispettorati, ignorato dai magistrati. Diventa presidente dell’Avellino calcio, carica ereditata dal boss della camorra “don Antò” Sibilia. Arriva allo stadio in elicottero, elargisce banconote da centomila lire a tifosi e operai. Fa nuovi affari con le Ferrovie finché non esplode lo scandalo delle “lenzuola d’oro”: forniture di biancheria per i treni notturni, un appalto irregolare da 150 miliardi di lire che ha portato alle dimissioni del cda delle FFSS e si è concluso con la condanna a 5 anni e mezzo di carcere per Graziano e altri 47 per i 15 compagni di merenda.
Le cose per l’Isochimica sono cambiate quando sulla fabbrica della morte ha messo le mani, e i sigilli, un pretore di Firenze, mosso dalla denuncia dei ferrovieri della città toscana che segnalavano la presenza di tracce di amianto nei vagoni che arrivavano dall’Isochimica solo parzialmente ripuliti. Venne alla luce una realtà sconvolgente, che l’attuale procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, con un’autonomia dai poteri forti senza precedenti, paragona all’Eternit di Casale, all’Ilva di Taranto, alla ThyssenKrupp di Torino. Troppo a lungo molti operai di Graziano e molti abitanti del quartiere limitrofo alla Isochimica hanno subito il ricatto accettando lo scambio lavoro-salute. Oggi finalmente si parla della necessità di “scoibentare le coscienze”. Nel 2015 l’Isochimica è nelle condizioni di quando è stata chiusa, 27 anni, con oltre 500 cubi di amianto che rilasciano qualcosa come 27 fibre per litro d’aria.
Di mandati d’arresto Graziano ne ha accumulati molti: evasione fiscale, false fatturazioni, omicidi volontari. Il 19 ottobre 2015 si apre ad Avellino il processo contro di lui e altri 28 coimputati. Sono 237 gli ex operai della Isochimica che sono stati accolti come parte lesa: sono i cinquantenni come Nicola che non riescono più a trovare lavoro, né ad andare in pensione.
Questo articolo è stato pubblicato sull’ultimo numero del quindicinale svizzero Area