di Silvia R. Lolli
Trentacinque anni sono passati da quel sabato in cui anche nella prima periferia della città si trasmisero subito vari sentimenti: annichilimento, stupore, dolore, partecipazione, aiuto. Tutto ciò diventò negli anni e per molti indignazione, rabbia, soprattutto per l’incapacità e la non volontà dello Stato italiano a far luce sulla vicenda; il dolore profondo che oltre ai familiari delle vittime, molti bolognesi e italiani provarono allora non è ancora sparito per chi partecipò allora al lutto privato e nazionale.
Con il passare degli anni questi sentimenti hanno portato tanti a mantenere il ricordo sia in forma pubblica sia privata, spesso silenziosa. Si sono avuti ricordi pubblici con manifestazioni di contestazione, fischi durante gli interventi di uomini delle istituzioni discussi per la loro moralità democratica e poco all’altezza dell’evento.
I discorsi di quest’anno non hanno avuto questo seguito, qualcosa si sta muovendo per giungere alla condanna dei mandanti? Lo speriamo, fiduciosi che non si tratti di una piazza ormai rassegnata al nuovo corso politico giovanile. Speriamo invece che quest’anno la rabbia si sia placata, come successe due anni fa, perché il rappresentante delle istituzioni è una persona stimabile che ha praticato la responsabilità civile nel suo percorso professionale e istituzionale, prima magistrato ora presidente del Senato. Quel Senato che però si sta facendo di tutto per eliminare, attaccandone l’identità costituzionale ricevuta dai padri della nostra Repubblica, dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto dopo il fascismo.
Grasso ha voluto ricordare che proprio in quegli anni, per altri procedimenti giudiziari, interrogò Mambo e Fioravanti, gli esecutori della strage, ora liberi; nello stesso anno – sempre quel 1980 in cui si consumava un’altra strage, quella di Ustica (27 giugno), per la quale la verità è stata ugualmente difficile da ricostruire – lui si occupava delle indagini sui delitti di Piersanti Mattarella e di Rocco Chinnici. Solo brevi accenni, ma questi collegamenti personali hanno un significato importante?
Le brevi riflessioni, in un discorso più ampio con parole già sentite negli anni passati, forse ci possono dare una speranza in più, quella di trovare ai livelli istituzionali alti, come quello che ancora rappresenta il presidente del Senato, un appoggio, non solo morale, per arrivare finalmente a una sentenza di verità più completa?
Non vorremmo che la verità di allora, con i servizi deviati, possa oggi essere raccontata senza problemi, intanto però si può continuare ad ammalare la democrazia italiana con altre forme di devianza democratica: controllo dell’informazione da parte dell’esecutivo, fiducia per l’approvazione delle leggi richieste dal governo al parlamento che ha sempre meno spazi di discussione, scarsa o nessuna trasparenza sulla vendita di beni patrimoniali dello Stato, inteso anche enti locali, ancor meno trasparenza di collegamenti fra i vertici della finanza e l’esecutivo.
Mentre speriamo che la riforma costituzionale non sia attuata, attendiamo invece una legge nuova, che domenica 2 agosto Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione vittime e parlamentare eletto come indipendente delle liste Pd, e Grasso hanno ricordato importante, quella cioè che condanna i depistaggi. Chissà perché il governo così indaffarato per il fare (tema caro anche al nostro attuale sindaco, ricandidato dal PD) prima delle riforme anticostituzionali sulla scuola, la sanità e la giustizia (è dietro l’angolo) non fa leggi molto più semplici, ma con più alto significato non solo di principio, ma di sostanza?
Il resto continuano ad apparirci parole…parole senza significato appunto; così da anni speriamo di celebrare alla stazione di Bologna questa memoria civica con un silenzio molto più lungo. Vittime e loro familiari meriterebbero di più questo comportamento.