Violette Leduc: la chasse à l'amour. Il documentario di Esther Hoffenberg al festival Some Prefer Cake

16 Settembre 2014 /

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Violette Leduc: la chasse à l'amour
Violette Leduc: la chasse à l'amour
intervista di Noemi Pulvirenti. Traduzione di Margherita Vitale
Violette Leduc, scrittrice e donna capace di raccontare l’amore al femminile, senza nascondersi e attingendo dalle sue memorie più intime. Tanto legata a un’amicizia con Simone de Beauvoir, la sua personalità è stata censurata dall’editore Gallimard negli anni ’50 (nonostante quelli fossero gli stessi anni di Histoire d’O), e ritrova un po’ di fortuna con il Premio Prix Goncourt nel 1964 con “La Bâtarde” (La Bastarda). Per molti è rimasta un’icona. Abbiamo intervistato la regista e produttrice Esher Hoffenberg che, con questo film del 2013, ha riportato alla luce la biografia di questa controversa artista, attraverso un delicato racconto che mischia nella narrazione uno studio accurato dei testi e una sapiente ricostruzione biografica.
Il documentario sarà proiettato sabato 20 settembre alle 16 presso il Nuovo Cinema Nosadella, a seguire incontro con la regista Esther Hoffenberg, coordinato da Paola Guazzo. L’intervista è sia in italiano che in francese.
Quando hai maturato l’idea di realizzare un documentario su Violette Leduc?
Tutto è cominciato al cinema ‘du Réel’, scoprendo il ritratto di Violette Leduc realizzato da P.A. Boutang. Sono rimasta affascinata dal suo modo di parlare completamente lucido, dal suo modo di esporre le sue complicate storie d’amore altrettanto bene se fossero con donne o con uomini,e altrettanto ha fatto riguardo i suoi problemi psichiatrici. Tutto questo aveva dei punti di contatto con la mia storia personale e ciò mi ha dato la voglia di approfondire.

Ho parlato di Violette Leduc a mio figlio Dario che all’epoca aveva 20 anni, lui mi ha dato da leggere ‘Ravages’ che aveva letto prima di me su consiglio di un suo professore di letteratura. Questo libro ha rinforzato la mia curiosità. Inseguito la lettura di tutti i suoi libri mi ha portata verso dei lettori e delle lettrici appassionati, con un sentimento di condivisione di qualcosa di intimo e prezioso, e con il desiderio di allargare il cerchio. Infine, leggendo la corrispondenza che mi è stata messa a disposizione dal biografo Carlo Jansiti e la nipote di Violette Leduc, Claude Dehous, ho intravisto la dimensione romanzesca e storica che la relazione tra Violette Leduc e Simone de Beauvoir poteva portare al film.
Dim Dam Dom 1970, INA, intervista realizzata da Pierre Démeron
Nel film la narrazione predilige un approccio filologico, dando soprattutto spazio alle parole di esperte universitarie. Come mai questa scelta?
Tutte le persone che intervengono nel film sono innanzitutto dei lettori e delle lettrici appassionati di Violette Leduc. Ho privilegiato da una parte i testimoni dell’epoca, poiché credo che nulla sia più accattivante delle persone che fanno rivivere qualcuno attraverso le emozioni di ricordi ritrovati, dall’altra parte ho dato la parola ad una generazione di donne che sono state profondamente segnate da Violette Leduc.
L’analisi viene prima dalla curiosità ed in seguito da un rapporto intimo con la letteratura di Violette Leduc. Ma ad ogni modo il mio scopo principale era di far sentire la voce di Violette Leduc attraverso i suoi testi e portare alla luce anche gli aspetti meno noti. Il film è girato nei luoghi esatti dove Violette Leduc ha vissuto e scritto. Questa scelta era essenziale per me.
Cosa ne pensi del lavoro uscito in Francia nello stesso anno “Violette” di Martin Provost?
La coincidenza tra nostri due progetti è stata un puro caso, ma lei è stata benefica nel far rivivere l’opera di Violette Leduc. Martin ha ricostruito una scena mitica, il set di un film che è stato perduto , con Jean Genet, Violette Leduc e Jacques Guérin, decisamente molto ben riuscito.
La Gallimard è tornata a ricredersi del talento di Violette soltanto nel 2000. A tuo avviso le vere personalità, quelle scomode per i tempi correnti, sono destinate ad essere ricordate e apprezzate soltanto dopo la morte?
Non ho una vera opinione rispetto a questa domanda, ma il fatto è che Violette è morta relativamente giovane e che nessuno si è occupato di diffondere la sua opera subito dopo la sua morte, anche se Simone de Beauvoir ha mantenuto la sua promessa e ha fatto pubblicare con successo “La chasse à l’amour” ( la caccia all’amore) dopo la sua morte. Per Jean Genet, non ci sono state rotture di tempo, per Violette Leduc si è dovuto aspettare la passione di una nuova generazione di lettrici , come il mio film testimonia.
La tua carriera comincia nel 1980 con il documentario “Comme si c’était hier” realizzato insieme a Myriam Abramowicz. Com’è cambiato da allora il cinema fatto dalle donne?
Le donne hanno preso un posto formidabile nel cinema, a volte nella produzione ed altre nella realizzazione. Agnès Varda ha un posto a parte, storico.
Testo in francese
A quel moment vous est venue l’idée de réaliser un documentaire sur Violette Leduc?
Tout a commencé au Cinéma du Réel, en découvrant le portrait de Violette Leduc réalisé par P.A. Boutang. J’ai été fascinée par sa manière de parler totalement lucide, de livrer ses histoires d’amour très compliquées aussi bien avec des femmes qu’avec des hommes, ses troubles psychiques. Tout cela avait une résonnance avec mon histoire personnelle et m’a donné envie de la lire.
J’ai parlé de Violette Leduc à mon fils Dario, 20 ans à l’époque, il m’a alors donné Ravages qu’il avait lu avant moi, sur le conseil d’un de ses professeurs de littérature. Cela a renforcé ma curiosité. Ensuite, la lecture de tous ses livres m’a entraînée vers des lecteurs et lectrices passionnés, avec un sentiment de partager quelque chose de précieux et d’intime, et le désir d’élargir le cercle. Enfin, en lisant la correspondance mise à ma disposition par Carlo Jansiti, le biographe, et Claude Dehous, la nièce de Violette Leduc, j’ai entrevu la dimension romanesque et historique que la relation entre Violette Leduc et Simone de Beauvoir pouvait apporter au film. Dim Dam Dom 1970, INA, interview réalisée par Pierre Démeron.
Le film privilégie une approche philologique, en donnant essentiellement la parole à des expertes universitaires. Pourquoi faire ce choix?
Tous les intervenants du film sont avant tout des lecteurs et lectrices passionnés de Violette Leduc. J’ai privilégié d’une part les témoins de l’époque, car rien n’est plus captivant que les gens qui font revivre quelqu’un par l’émotion de souvenirs retrouvés, d’autre part une nouvelle génération de femmes qui ont été profondément marquées par Violette Leduc. L’expertise vient d’abord d’une curiosité et d’un rapport intime avec la littérature de Violette Leduc. Mais mon but principal était de donner à entendre la voix de Violette Leduc, par ses textes et par des éclairages très incarnés. Le film est tourné dans les lieux exacts où Violette Leduc a vécu et écrit. Ce choix était essentiel pour moi.
Que pensez-vous de “Violette”, sorti en France la même année (2013) et réalisé par Martin Provost?
La coïncidence entre nos deux projets est due au hasard, mais elle a été très bénéfique pour faire revivre l’oeuvre de Violette Leduc. Martin a notamment reconstitué une scène mythique, le tournage d’un film qui a été perdu, avec Jean Genet, Violette Leduc et Jacques Guérin, très réussie.
 
Gallimard a repris confiance dans le talent de Violette seulement courant 2000. A votre avis, les vraies personnalités, qui sont trop en avance sur leur temps, sont-elles destinées à une reconnaissance uniquement post-mortem?
Je n’ai pas d’avis général sur cette question, mais le fait est que Violette est morte relativement jeune, que personne n’a pris en charge son oeuvre juste après sa mort, même si Simone de Beauvoir a tenu sa promesse et fait publier avec succès « La Chasse à l’amour » après sa mort. Pour Jean Genet, il n’y a pas eu de rupture dans le temps, pour Violette Leduc, il a sans doute fallu attendre la passion d’une nouvelle génération de lectrices, dont mon film témoigne.
Votre carrière a débuté en 1980 avec le documentaire “Comme si c’était hier”, co-réalisé avec Myriam Abramowicz. Depuis cette époque, comment à évolué le cinéma fait par des femmes?
Les femmes ont pris une place formidable dans le cinéma, à la fois dans la production et dans la réalisation. Agnès Varda tient une place à part, historique.

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