Ancora una riforma della scuola?

26 Agosto 2014 /

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Costituzione e scuoladi Silvia R. Lolli
Gli annunci di questi giorni sulle riforme che saranno approntate a breve, da parte di un Matteo Renzi saltellante tra impegni vacanzieri e visite lampo in territori di guerra per sondare in prima persona situazioni di politica estera, ci pongono qualche problema. In particolare è l’annuncio dell’ennesima riforma della scuola che avviene in questi ultimi 25 anni a metterci in allarme come insegnanti. Qualche domanda. È possibile che ogni nuovo ministro debba sentirsi in diritto di proporre una riforma? Che cosa conosce il Ministero dell’Istruzione sugli effetti dell’ultima riforma?
Ci permettiamo di dubitare che ci siano le necessarie, approfondite, conoscenze circa gli effetti delle riforme precedenti, da quella di Berlinguer a quella della Gelmini. Quella di Berlinguer poi si è proposta per gradi, quindi è stata fin dall’inizio una riforma azzoppata, sulla quale la Moratti ha potuto intervenire facilmente per organizzare una vera controriforma, ma lasciando la novità dell’autonomia giuridica, per nulla economica, così da destabilizzare meglio il sistema scolastico nazionale. Quanti consulenti sono entrati negli uffici ministeriali sia centrali sia periferici con i governi Berlusconi? Non si vuol far sapere? Magari oggi sono entrati nei ranghi grazie a concorsi ad hoc?
La destabilizzazione delle istituzioni pubbliche si è fatta annullando per anni la possibilità di concorsi pubblici, come recita la nostra bistrattata Costituzione, ma mettendo a contratto consulenti di vario tipo. Abbiamo visto che le maggiori economie che questo Ministero ha portato avanti negli anni si sono avute soltanto per i tagli lineari alla scuola statale, non certo per i tagli dei consulenti, oppure per i tagli di aziende costruite appositamente dagli stessi parlamentari, a loro beneficio. Che dire dell’agenzia che prepara i concorsi per dirigenti e per docenti e che per giunta sbaglia anche le domande dei test. Si dovrebbero scrivere tutti i giorni i nomi di chi sta dietro queste aziende ed invitiamo a farlo.

Le scuole paritarie hanno sempre trovato dallo Stato e dalle Regioni nuova linfa per un loro sviluppo, così facile nella destabilizzazione delle scuole statali. A questo livello non si parla mai di riforma. Comunque per le riforme non c’è stato mai il tempo di implementarle compiutamente, quindi su quali dati di ricerca si vuole continuare a riformare la scuola?
Sono dunque le ideologie a portare avanti un’ulteriore riforma, anzi una sola ideologia; non crediamo che dalla ministra Giannini e da Renzi possa venire un vero cambiamento; i pochi danari che potranno girare nelle cassi ministeriali (non in tutte le Regioni i soldi europei potranno andare direttamente nelle scuole autonome) non vorremmo costituissero per esempio fondi comuni per scuole paritarie e statali.
La tanto decantata riforma prevedrà l’ampliamento degli spazi scolastici, oppure la possibilità, senza ricorrere al volontariato (studentesco o dei genitori), di mantenere aperte le scuole per più tempo? Si parla di apertura fino alle 22, ma chi la farà e chi avrà la responsabilità di questa apertura?
In una scuola, soprattutto superiore, in cui le famiglie si possono trincerare ancora dietro a leggi sulla vigilanza di monarchica memoria, il premier spara le solite panzane, senza scrivere con quali soldi farà i cambiamenti. Per pura ideologia cattolica, l’unica che si mantiene in questa seconda e terza Repubblica, non crediamo infatti ci possa essere un ripristino dell’art. 33 della Costituzione. In un momento poi in cui si vuole distruggere anche questa…
Quindi quali sarebbero le riforme che si vogliono fare? Far rimanere a scuola gli insegnanti, con lo stesso stipendio (fra l’altro i tagli lineari hanno già colpito da anni e pesantemente a questo riguardo), per più ore? Ma dove staranno? In quali aule potranno correggere i compiti, preparare le lezioni, se spesso le aule delle nostre scuole non sono sufficienti per le classi (i doppi turni ci risulta esistano ancora)?
La riforma sarà sui programmi? È possibile che il Ministero abbia solo l’idea di cambiare ogni due anni l’organizzazione scolastica, facendo fra l’altro un cambiamento sempre più al ribasso e sempre meno in linea con i bisogni reali dei giovani? Fra l’altro il corpo docente (e in Italia non possiamo neppure parlare di corporazione o di sindacalizzazione di questa professione!) sta subendo il più grande cambiamento della scuola repubblicana: il suo veloce ed irreversibile invecchiamento.
L’unica riforma da fare allo stato attuale delle cose sarebbe la verifica pensionistica per molti docenti; avere uno scarto generazionale esageratamente alto con i cambiamenti tecnologici e sociali avvenuti in questi ultimi anni non fa bene alla scuola. Gli studenti dovrebbero avere di fronte persone motivate e in grado di sostenere situazioni sempre più difficili oltre che capaci nella gestione delle NT per non rischiare di farne dei fini e non dei mezzi per l’insegnamento.
Tuttavia non vediamo all’orizzonte nessuna vera riforma in Italia su questi aspetti; fra l’altro vorrebbe dire porsi, all’atto dell’assunzione dei docenti, una prima, importante, domanda: questa persona può insegnare? La seconda sarebbe quella che già è considerata e riguarda i saperi, i contenuti: sa la materia? La terza domanda invece è anche questa poco (o mai) ricercata nella scuola italiana: sa applicare le metodologie e gli stili dell’insegnamento?

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