di Noemi Pulvirenti
Girato a Torino negli stabilimenti sulla Dora Riparia e nelle Valli di Lanzo, è il film italiano più lungo prodotto per i suoi tempi (3.500 metri di lunghezza circa per tre ore e dieci minuti di spettacolo) e anche il più costoso. Un milione di lire-oro, a fronte del finanziamento medio per un film dell’epoca di cinquantamila lire.
Cabiria viene concepito sotto l’impressione dell’entusiasmo patriottico suscitato dall’impresa colonialista che aveva condotto l’Italia a una precaria occupazione della Libia. Il testo originale è l’opera teatrale di Gabriele D’Annunzio, che vende l’opera per cinquecento lire e ne scrive le didascalie per il film (nonostante su questo punto ci siano varie leggende).
Le riprese cominciano a giugno del 1913 e terminano nell’aprile dell’anno successivo. Il 9 aprile del 1914 la casa di produzione, l’Itala Film, deposita il film presso l’Ufficio della Proprietà Artistica, Letteraria e Scientifica, presentando le bozze di stampa del libretto di sala. Intanto si va definendo il calendario delle prime nei teatri di Torino, Milano, Roma e Napoli. Il 18 aprile 1914 hanno luogo le prime proiezioni pubbliche di Cabiria, a Torino presso il Teatro Vittorio Emanuele e a Milano al Teatro Lirico, per essere proiettato poi a New York e restare nelle sale per ben un anno, mentre a Parigi rimane per sei mesi.
Il film subisce diversi tagli e rimaneggiamenti durante la distribuzione, perdendo già nel 1914 la famosa scena della Sinfonia del fuoco. Con la riedizione dell’aprile 1921 la situazione si complica nuovamente, Pastrone rimette mano al film intervenendo sul montaggio e apportando dei tagli.
L’edizione con suono sincrono del 1931, infine, la prepara lavorando direttamente sul negativo originale e firma così l’ultima versione non rinunciando a nuove modifiche: effettua alcune variazioni nel montaggio, gira scene nuove, cambia le colorazioni, commissiona una diversa partitura musicale e varia alcune didascalie.
Una volta finita questa “riscrittura” del film, si perde definitivamente la versione del 1914. Contemporaneamente si registra un’altra importante perdita, la rapida obsolescenza del sistema Bixiophone che condanna al silenzio l’interessante partitura composta da Luigi Avitabile e José Ribas e incisa su grandi dischi per grammofono.
La forza innovativa di Pastrone è quella di cominciare a concepire il cinema, non più staticamente, ma impiegando movimenti di macchina. Crea insieme al suo collaboratore Segundo de Chomón un primo carrello basso, sul quale sono posizionate le macchine da presa, mediante il quale si possono riprendere gli attori in movimento passando senza taglio dal campo lungo al primo piano. Tutte novità tecniche che ispirano Griffith per realizzare il suo “Intolerance” nel 1916.
Altra particolare eccellenza è la figura di Maciste, che appare qui per la prima volta interpretato dallo scaricatore di porto Bartolomeo Pagano e che sarà presente nei successivi film di Pastrone.
A distanza di 100 anni, il Museo del Cinema di Torino ci ha restituito una versione restaurata della versione del 1931 e un’attendibile ricostruzione dell’originale del 1914, che saranno proiettati il 17 giugno proprio nello stesso Teatro Vittorio Emanuele.