K. S., maestro di vita e di scrittura

11 Aprile 2014 /

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di Valentino Parlato
Karol, dopo una dolo­rosa malat­tia, ci ha lasciato. Dopo quella di Lucio Magri un’altra per­dita gra­vis­sima, direi incol­ma­bile. Karol per me, ma per molti di noi del mani­fe­sto, è stato più che un mae­stro, direi un diri­gente poli­tico e culturale.
Di Karol è stata d’altronde l’unica firma, insieme a quella di Luigi Pin­tor, che pre­sen­tava il gior­nale, del primo numero del mani­fe­sto il 28 aprile 1971 in una cor­ri­spon­denza «dalla prima base rossa di Mao» e con quello che chia­ma­vamo il som­marione: «Nelle risaie del Kiangsi a col­lo­quio con i con­ta­dini sulla guerra indo­ci­nese e i rap­porti con l’America».
Ricco di una straor­di­na­ria espe­rienza for­ma­tasi già nel corso della seconda guerra mon­diale e della sua vita di intel­let­tuale mili­tante tra la Polo­nia, l’Urss e la Fran­cia, ripeto, è stato un mae­stro di poli­tica e anche di vita. Ho comin­ciato a cono­scerlo attra­verso i suoi scritti sul Nou­vel Obser­va­teur ma poi quando è venuto a Roma avendo spo­sato Ros­sana Ros­sanda il rap­porto era pres­so­ché quo­ti­diano. Scri­veva per il mani­fe­sto ma anche ci aiu­tava nella nostra scrit­tura. La sua cul­tura e la sua espe­rienza inter­na­zio­nale erano straor­di­nari. Karol cono­sceva il mondo. Era stato a Cuba, aveva incon­trato Fidel Castro che suc­ces­si­va­mente non esitò a criticare.
Viag­giò in Cina ai tempi della Rivo­lu­zione cul­tu­rale per ana­liz­zare e rac­con­tare il com­plesso pro­cesso in corso. I suoi arti­coli face­vano cre­scere la dif­fu­sione del gior­nale poi­ché posso dire senza falso orgo­glio che il nostro pic­colo mani­fe­sto di appena 4 poi 8 pagine era uno dei pochi nel pano­rama ita­liano a dar conto della situa­zione inter­na­zio­nale. Nel 1994 il mani­fe­sto rag­giunse la vetta delle 50.000 copie quo­ti­diane. Se oggi, per ricor­darlo e soprat­tutto per farci ricor­dare quel che que­sto gior­nale è stato, pub­bli­cas­simo tutti gli arti­coli che Karol ha scritto per il mani­fe­sto, ne ver­rebbe un libro di straor­di­na­rio inte­resse sul quale riflet­tere per trarre dal pas­sato, come inse­gnava Karol, pro­po­siti per il futuro in que­sta tre­menda crisi che ci colpisce.

Karol stu­diava bene come solo sanno stu­diare le per­sone impe­gnate nella vita, nella cul­tura, nella poli­tica non per pri­meg­giare ma per agire, per ten­tare di cam­biare que­sto nostro cru­dele mondo. È una gior­nata assai tri­ste ma può essere uno sti­molo a leg­gere o rileg­gere i suoi scritti e i suoi libri da La Polo­nia da Pil­sdu­ski a Gomulka allo straor­di­na­rio Solik, la sua bio­gra­fia, non priva di umo­ri­smo, che scorre lungo il tratto più dram­ma­tico dalla sto­ria d’Europa, di lui, gio­vane polacco coin­volto nella seconda guerra mon­diale che com­batte nell’armata rossa poi attra­versa l’Unione sovie­tica dalla Sibe­ria alla Crimea.
Non ho parole per espri­mere a Ros­sana Ros­sanda, che ero andato a tro­vare a Parigi appena mer­co­ledì, tutto il mio affetto. E voglio rin­no­vare in que­sta dolo­rosa cir­co­stanza la volontà, che spero di non tra­dire, di pro­se­guire insieme a lei nel suo impegno.
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 10 aprile 2014

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