di Silvia Lolli
Con lo sviluppo dell’informazione e dei mezzi tecnologici odierni si ha spesso questa impressione. La democrazia fa sempre più fatica ad esistere. La democrazia è partecipazione, è controllo, è trasparenza. Ci sono in Italia? Si sta prospettando un cambiamento forse irreversibile nella società italiana, dovuto alla crisi: disoccupazione, cassa integrazione e se c’è lavoro è ormai per la maggior parte precario e flessibile.
Come ricorda Gallino, precario significa preghiera, quindi il futuro sarà formato da chi implora un lavoro, cioè un po’ soldi; come sarà possibile parlare di lavoro e di dignità? In questa situazione il diritto ormai è qualcosa di utopico, del resto l’assistenza è stata sempre molto in voga in Italia.
Chi deve decidere non pensa più da tempo ad alcuna politica industriale o in genere per il lavoro, ma i politici da tempo stanno solo pensando a seguire la capitalfinanza e giocare in Borsa con i patrimoni migliori dello Stato. Un esempio sono le aziende legate alle partecipazioni statali; dopo l’aumento degli appalti e subappalti con i quali si sono progressivamente esaurite le maestranze italiane, spesso molto competenti, ora fanno cassa per giocare in Borsa. Per avere contanti recuperano i risparmi privati italiani, perché ormai dal bilancio dello Stato è stato tolto tutto.
Si sono depauperati interi settori industriali, ma prima è stato fatto anche con l’agricoltura, perché il territorio serviva per costruire immobili e aziende. Così, speculazione edilizia e speculazione industriale stanno lasciando povertà, schiavismo comunque malessere sociale. Prima o poi dovremo fare i conti con l’inquinamento ambientale e paesaggistico.
Stanno depauperando e spezzettando, nel silenzio generale, quelli che si definiscono i gioielli di Stato. Il problema principale è che appunto nel silenzio generale si stanno intaccando i risparmi degli italiani, risparmi che sono per la maggior parte di lavoratori dipendenti o pensionati. Leggendo il libro di Alessandra Fava “Uomini e navi. Fincantieri, storia di un’azienda di Stato” si capisce bene quali sono i giochi, soprattutto di Borsa e finanziari che si sono fatti con i Governi degli ultimi vent’anni. Con poca trasparenza oggi, per privatizzare o comprare aziende estere, si usano, come per altri acquisti di questo tipo, i soldi di una delle poche ancora presenti cassaforte di Stato, cioè la Cassa Depositi e Prestiti.
Berlusconi ha fatto del suo, ma anche gli altri Governi non sono stati da meno. Dietro a tutto ciò ci sono le politiche delle banche, tra cui quelle d’affari, cioè di chi fa per 24 ore al giorno operazioni finanziarie che producono danaro virtuale. Nell’intervista al Manifesto degli anni Ottanta al solito lungimirante Gallino, riscritta sul libro di Fava, si capisce che da allora non si è più parlato di politica industriale, ma la politica ha gestito sempre di più le aziende attraverso i suoi manager, solo di facciata, ma non di competenza: clientelismo è solo il minore dei mali.
Per l’attuale situazione d’indebitamento italiano non dobbiamo certamente dimenticare le società partecipate che fra l’altro pongono un’altra questione collegata alla democrazia: i beni comuni, come per esempio l’acqua. Non si può dimenticare la fine ingloriosa per uno Stato democratico, la non applicazione dei risultati del referendum sull’acqua.