La pillola amara della sanità in provincia di Bologna: dopo Bentivoglio a rischio Budrio

17 Gennaio 2014 /

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Ospedale di Budriodi Massimo Corsini
Sembra proprio il caso di dire “basta un poco di zucchero e la pillola va giù”. E forse ci vorrebbe proprio Mary Poppins per fermare l’inarrestabile deriva della situazione sanitaria in provincia di Bologna. Dopo le polemiche su Bentivoglio ora è la volta di Budrio. Sabato mattina scorso, in occasione dell’assemblea di presentazione del nuovo riassetto ospedaliero, cittadini e movimenti si sono dati appuntamento per dare sfogo al proprio malcontento.
Il programma della giornata informativa era intitolato: “Incontro pubblico sulle innovazioni organizzative dell’ospedale di Budrio e sulla rete ospedaliera e la collaborazione dell’AUSL e ospedale Sant’Orsola”. In queste “innovazioni organizzative”, in un certo senso, sta la pillola e al tempo stesso lo zucchero. Se ci fosse stata realmente solo una necessità riorganizzativa, probabilmente nessuno si sarebbe dato la pena di comunicarlo, ma, poiché lo si fa, vuol dire che sotto c’è qualcos’altro.
Il programma della giornata prevedeva in primis una visita del rettore Ivano Dionigi all’ospedale di Budrio, dove, a quanto pare, doveva esserci anche l’ex primo cittadino della città dell’ocarina, Carlo Castelli, oggi tesoriere del PD bolognese, poi la conferenza alle Torri dell’Acqua dove hanno fatto da relatori il direttore dell’AUSL Francesco Ripa di Meana, Sergio Venturi del Sant’Orsola, il sindaco di Budrio Giulio Pierini, il presidente della Provincia Beatrice Draghetti e l’assessore alla sanità del Comune di Bologna Luca Rizzo Nervo.

La novità sostanziale è che entro il 15 Febbraio comincerà una collaborazione con il Sant’Orsola che nella sostanza si tradurrà nell’utilizzo di un paio di sale operatorie dell’ospedale di Budrio da parte del nosocomio bolognese. Nel frattempo, però, è stato tolto il presidio di guardia medica, non ci sarà più la chirurgia d’emergenza, sono stati ridotti i posti letto per la degenza ed è stato decurtato il personale medico.
Il punto è un altro: di cosa ha bisogno Budrio, che i propri cittadini possano recarsi nell’ospedale del loro paese o che quelli di Bologna vadano ad operarsi a Budrio?
Il fatto è che quella di Budrio è una struttura nuova, nella quale cinque anni fa, nel 2009, sono stati investiti la bellezza di 22 milioni di euro. Tuttavia oggi non c’è soltanto un problema di potenzialità inespressa, ma anche di disservizio vero e proprio.
Il senso della protesta delle persone che si sono radunate davanti alle torri dell’acqua è così sintetizzato dal capogruppo del Movimento % Stelle di Budrio Antonio Giacon: “La visione espressa della regione indica che ospedali come quello di Budrio sono destinati a divenire di comunità, cioè ospedali di mantenimento del paziente una volta stabilizzato, non ad intensità di cura.
Questo non si concilia con quanto oggi dicono, ovvero che vengono mantenute delle alte specializzazioni nell’ospedale di Budrio. Per evitare la figuraccia si sono inventati una collaborazione con il Sant’orsola, che è difficilmente sostenibile nel lungo periodo . Sembra una toppa, qualcosa di maldestro per dire che l’ospedale non viene depotenziato quando nella realtà non sarà così.
Si tenga conto inoltre che una struttura nata per oltre 104 posti ha dei costi fissi che non si possono consiliare con poco più del 50% dei posti letto. Nel lungo periodo questa è una soluzione che non può reggere”.

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