di Arturo Meli
Ma non si era detto che c’è stato l’inciucione, il golpe o, quanto meno, il golpettino ? E, allora, il governo delle larghe intese, che di questo è l’espressione, non avrebbe dovuto alimentare la crescita dell’opposizione, tanto più se impetuosa e radicale? Invece, il voto delle amministrative ci mostra una realtà ben diversa. Il Pd, malgrado tutto, è ancora vivo.
Il Movimento 5 Stelle subisce un brusco arretramento. Una sconfitta, quella dei grillini, che finisce per mettere in ombra la secca battuta d’arresto del fronte berlusconiano. Su tutto prevale, alla fine, la nuova crescita dell’astensionismo. Quando, su sette milioni di votanti, quattro elettori su dieci restano a casa, e a Roma, addirittura, diserta le urne un elettore su due, nessuno può cantare vittoria. E tutti dovremmo interrogarci sulla crisi della democrazia rappresentativa.
Certo, le elezioni amministrative hanno una loro inconfondibile specificità. Ma quest’appuntamento, dopo tutto quello che è accaduto dalla fine di febbraio in poi, era stato caricato di significati che trascendono il voto locale. Lo sappiamo bene che le amministrative rappresentano un’arena poco propizia al Movimento 5 Stelle, che diversi fattori giocano a suo sfavore, che può venire a mancare la grande cassa di risonanza offerta dall’ex comico genovese.
Però, la sconfitta è ugualmente bruciante. Il Movimento arretra un po’ ovunque. Questa volta, non è riuscito a intercettare l’astensione. Ha perso slancio e fascino in un elettorato che ha preferito rifugiarsi nel non voto. La macchina della protesta realizzata da Beppe Grillo si è inceppata, ha perso il carburante. Non c’è da meravigliarsi se si riflette su come hanno operato i neo-eletti dell’M5S da quando sono arrivati in Parlamento, se si fa il conto degli scivoloni (nella forma e nella sostanza) dei suoi capigruppo, delle diatribe su scontrini e diarie. Uno spettacolo deprimente per chi si aspettava dal Movimento la “nuova politica”.
L’insuccesso grillino ha messo in ombra la sconfitta del Pdl. Ma che queste amministrative abbiamo offerto a Berlusconi un risultato deludente è fuori di discussione. Il centrodestra perde quasi ovunque. Cala il Polo delle libertà e cala anche la Lega, pressoché scomparsa in Veneto. Il Cavaliere cercherà gli argomenti per provare a mascherare la sconfitta. Ma non sarà impresa facile se, tra due settimane, col ballottaggio, perderà anche Roma. E sarà definitivo, a questo punto, il responso degli elettori per il sindaco Alemanno a cui si deve la peggiore giunta della Capitale negli ultimi cinquant’anni.
È andata assai meglio del previsto per il Pd. Naturalmente, l’attenzione si concentra sul buon risultato, superiore a ogni previsione, conseguito da Marino a Roma. Ma in generale si riscontra una tendenza favorevole per il Partito democratico. A dispetto di tutto e di tutti. Malgrado i tanti errori commessi. Il che dimostra che, benchè la sua crisi sia grave, questo partito ha ancora una buona tenuta del suo insediamento territoriale. Sarebbe un grave errore, tuttavia, indulgere nuovamente all’ottimismo. I problemi restano. E provocheranno altre fibrillazioni di qui al congresso, al quale è legata la possibilità di un nuovo centrosinistra. Ma almeno si può sperare che la malattia del Pd non sia ancora diventata cronica.
Questo articolo è stato pubblicato da Libertà e giustizia il 28 maggio 2013