di Mauro Chiodarelli
La giornata del 15 maggio scorso in ricordo di Luigi Pintor a Cagliari, seppur vissuta con un dolore sottile dentro tutti noi, non è stata una commemorazione ma, almeno per me, un’occasione di ripresa di consapevolezza sul nostro compito e sulla fatica di portarlo avanti. La rilettura di alcuni suoi scritti di 40 anni addietro (vengono i brividi solo a pensare al tempo trascorso) di una attualità spaventosa, le sue parole pacate, ironiche mai inutili, di alcune interviste fanno tornare la voglia di rimboccarsi nuovamente le maniche, non per il radioso futuro che ci attende bensì per l’immane lavoro che ci attende i cui frutti, se sapremo ben seminare, saranno altri a raccogliere; non i nostri figli, forse i nostri nipoti. Per noi, tra un’impresa e l’altra, la gratificazione di un buon bicchiere di vino (o di fresca acqua per gli astemi) con chi fatica al nostro fianco.
Leggendo e rileggendo l’ultimo scritto di Pintor, mi sono convinto che scrivendo di “una miriade di donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede, la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono quasi d’istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un’area senza confini”, parlasse a noi indicandoci un nuovo comportamento.
È vero abbiamo perso la battaglia per fare de il manifesto un vascello pirata (non corsaro) in grado di collegare e raccogliere questa nuova (e vecchia) umanità, ma non è che una sola nave possa solcare i mari. Abbiamo il sito della Sardegna e di Bologna (che oggi compie un anno) per dare voce a chi non ce l’ha qualunque sia la sua collocazione geografica, possiamo lavorare su un portale nazionale se riusciamo a raccogliere sufficienti forze e finanziamenti, ma possiamo e dobbiamo continuare ad operare a livello locale con iniziative che riescano a rompere l’isolamento degli individui, come si cerca di fare in Sardegna, piuttosto che a Trieste piuttosto che a Ravenna.
Mettiamo in comune le nostre esperienze, aiutiamoci vicendevolmente per quanto possibile, non interrompiamo il filo che ci unisce. L’associazione il manifesto in rete è nata anche per questo, sotto la spinta di molti compagni e di parte di coloro che hanno lasciato il giornale (o ne sono stati estromessi) e anche se è partita da qui è di tutti voi.
Stiamo già pensando ad una maniFesta qui a Bologna da tenersi nell’estate e vorremmo che i compagni della Versilia non rinunciassero alla loro di Pietrasanta, così come vorremmo che altri ne organizzassero anche solo per un giorno. Pintor ancora ci ricorda l’obiettivo non è ” vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo” e possiamo essere solo noi nelle periferie dell’Italia o del mondo ad invadere il campo perché quell’umanità ci scorre intorno, estranea ai palazzi romani.
Bene bando alle malinconie e rimbocchiamoci le maniche; fatevi vivi anche solo per mandarmi al diavolo.