Il sito ilmanifestobologna.it al suo primo compleanno: bilancio a 12 mesi dell'origine e dei risultati

20 Maggio 2013 /

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Il manifesto in reteUn anno fa questo sito prendeva vita, sfidando il tremore della terra emiliana, con lo sguardo volto al futuro più che al tormentato e appassionato passato cui idealmente si collegava. Una storia politica e giornalistica, quella del manifesto, che ha ispirato ai compagni del circolo di Bologna l’idea di aprire un luogo di discussione e di (auto)informazione. Senza denaro, senza sponsor, ma con similare spirito eretico e la perseveranza nell’indagare la realtà circostante, raccogliendo molte più domande che risposte.
Oggi, dodici mesi, oltre 500 articoli e un centinaio di migliaia di visite dopo, ilmanifestobologna.it continua a fare informazione e dibattito. Circa 300 visitatori ogni giorno passano da queste pagine seguendo un link dai social network o direttamente, alla ricerca di un punto di vista altro e genuinamente di sinistra.
E i dati confermano che quando ilmanifestobologna fa informazione e inchiesta sulla città, la voce gira e questo piccolo ambizioso sito si trasforma in un vero sincero forum, uno spazio onesto e aperto per una sinistra in rotta ma ancora non piegata dagli eventi. Lo sgombero dell’Officina Tsunami, così come l’inchiesta a puntate sulla dismissione Atc sono stati tra i post più letti (tra i 1.500 e i 2.000 visitatori unici) e commentati. 

Ma ilmanifestobologna.it nasceva anche con l’ambizione di diventare un nucleo propulsore per la rifondazione e il salvataggio a lungo termine del manifesto, rispondendo alla crisi strutturale che ha investito da tempo il giornale e che ha poi portato ad una drammatica e non indolore liquidazione con annesso reset della cooperativa. In questo anno, il sito ha ospitato contributi e dibattiti (a volte molto duri) sul futuro del manifesto (anche questi tra i più letti in assoluto, come lo scambio tra Marco d’Eramo e la redazione), nel tentativo di aprire all’esterno, con trasparenza, il mondo del giornale in crisi e costruire un luogo dove immaginare tutti insieme, lettori, giornale, collaboratori, circoli, il manifesto del domani.
Questo obiettivo ambizioso – che ha visto anche il lavoro politico e professionale svolto dal circolo per predisporre un progetto inascoltato di “proprietà collettiva in forma cooperativa” – è stato frustrato dagli eventi, che hanno accelerato la crisi e complicato il dialogo con la riluttante redazione romana, conclusosi in un nulla di fatto dal sapore amaro. Nel frattempo la fuoriuscita di un pezzo rilevante della redazione ha sancito la fine di un’epoca e l’inizio di “una nuova storia”. Il primo abbandono, forte e politico, è stato quello di Rossana Rossanda. Poi Marco d’Eramo, Joseph Halevi, Valentino Parlato insieme a quindici altri redattori “storici”. Alcuni di loro hanno da tempo trovato spazio, tempi e modi sul sito del manifestobologna.it, continuando a coltivare l’ambizione di ricreare uno spazio politico e informativo che si è fratturato, travolto (non a caso) dall’infinita Crisi e i conseguenti tagli al Fondo per l’editoria. 
Eppure non solo a quei tagli era ed è dovuta la crisi del manifesto. “Non di soldi, ma di soldati e di linea” scriveva Parlato nel suo commiato. Insomma cause più profonde, di lungo periodo, che meritavano di essere analizzate.
ilmanifestobologna.it, dal canto suo, continua a credere nella costruzione e nel rafforzamento di questo spazio comune. Con la stella polare della trasparenza e dell’organizzazione dal basso. Come del resto dal basso sono sempre state organizzate, negli anni, tutte le raccolte fondi (ordinarie e straordinarie) per salvare in extremis le disastrate casse del giornale. Si tratta di credere e immaginare un progetto da cui ripartire, per un’uscita a sinistra dalla Crisi grande dell’economia e della democrazia, ed anche dalla crisi piccola del mondo che ruota attorno al manifesto.
In modo testardo, come ha dimostrato di saper fare in questi dodici mesi vissuti pericolosamente, ilmanifestobologna.it ci sarà. Con qualche cicatrice e delusione in più, ma anche con la stessa, intatta, fame di futuro.

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