di Alba (Alleanza, Lavoro, Beni Comuni, Ambiente), comitato operativo nazionale
L’Italia non è più la stessa. Il blocco che ha immobilizzato la politica e il suo rapporto con la società è stato improvvisamente spazzato via.
Tutto questo forse era desiderato, di certo era atteso.
Un anno fa, Alba nasceva con la previsione di questo sconvolgimento, dalla presa d’atto della crisi ormai irreversibile di partiti politici non più rispondenti, nei contenuti e nella forma, alle domande poste drammaticamente dalla devastazione della crisi economica sociale e culturale. Incapaci di rappresentare qualcosa che uscisse dalla grammatica perversa di un’offerta commerciale di sigle e volti, prodotti da acquistare ogni cinque anni sul mercato elettorale. Per poi affidarsi. Partiti che non avevano più nulla a che fare con le speranze, i desideri e i bisogni, la vita delle persone, le loro relazioni con il mondo.
Il fiume in piena dei “senza rappresentanza”, disgustati dai partiti che nel 2012 hanno retto la maggioranza del governo Monti, ha adesso trovato nel voto a Grillo lo strumento efficace per spezzare il sequestro della realtà da parte del teatrino di questa politica. Per evadere da una rappresentanza che non solo non li ha rappresentati, ma gli si è rivolta contro: sacrificando alla logica spietata – ma presentata come naturale – dei grandi poteri finanziari, ogni residuo di equità e di legame sociale.
Di fronte all’evaporazione del PD, che mette in scena da anni l’inarrestabile agonia del proprio “finale di partito”, le proposte elettorali sia di Rivoluzione civile che di SEL sono apparse drammaticamente insufficienti rispetto ai bisogni di cambiamento. Hanno continuato a offrire una forma della rappresentanza tesa più a salvaguardare la propria esistenza come sigla o somma di sigle, tristi apparati di testimonianza dentro o accanto ad alleanze senz’anima, che a misurarsi con le trasformazioni della sfera della cittadinanza e della politica. Trasformazioni che già erano sotto gli occhi di tutti – per chi volesse vedere – in questi anni di crisi e sconvolgimento anche antropologico della società italiana.
E tuttavia resta ancora vivo e aperto il bisogno “di sinistra”. Il fiume ha rotto gli argini. Ci troviamo oggi in uno scenario di profondo sconvolgimento e movimento in tutte le dimensioni, compresa quella istituzionale. Sentiamo come tutti la necessità di capire cosa sia successo e cosa succederà. I segni di novità sono tanti: dal cambiamento dei linguaggi, all’uso della Rete, alla rottura generazionale che ha portato la “generazione perduta” dei trentenni in parlamento e ha assegnato al Movimento 5 Stelle buona parte dei voti tra gli under 25.
Riconoscendo la forza di Grillo e del Movimento 5 Stelle, dobbiamo anche segnalare l’inquietudine che provoca e dire con chiarezza che non ne sentiamo nostri il linguaggio, la neutralizzazione delle differenze tra destra e sinistra, l’idea di democrazia, la sottovalutazione della radicalità dei diritti civili e sociali, il ruolo del lavoro e del sindacato, le risposte alla crisi sociale ed economica.
In questa fase assolutamente nuova possiamo ripartire per costruire. Nelle esperienze diffuse sul territorio si trovano molte più pratiche innovative e ricchezza di elaborazione di quanto intercettato nel voto a Grillo. Un’ampia serie di movimenti, saperi, iniziative di resistenza e di lotta al dominio del mercato, e dei poteri finanziari, che hanno punti di contatto con quel complesso ed eclettico arcipelago, ma che non vi si riconoscono certo in toto.
Dopo anni di frammentazione e diffidenze, non possiamo più perdere tempo. Noi sentiamo urgente la necessità di ricostruire culture e pratiche partecipative che diano nuova vita, spazio e rappresentanza, a un tessuto lacerato da vent’anni di berlusconismo e di subordinazione della politica – oltre che a destra, nel centro-sinistra – al mercato e all’ideologia liberista.
Lo sconvolgimento che viviamo è una grande occasione, ma per costruire un’idea alternativa di società e di uscita dalla crisi, occorre una maggiore profondità delle analisi, sistematicità delle proposte, allargamento delle reti. Occorre anche chiarezza: non si può affrontare il cambiamento coi vecchi soggetti e le vecchie forme della rappresentanza. Questo voto ha manifestato con evidenza il fallimento del governo dei mercati e ha segnalato la richiesta di un’autentica democrazia dei cittadini.
Ma affinché una democrazia dei cittadini possa diventare un governo dei cittadini, è necessaria una proposta seria e organica. Sentiamo l’esigenza d’impegnarci per costruire un progetto di respiro internazionale che abbia la credibilità per coordinarsi con analoghe esperienze europee (e mediterranee) per opporre alla sovranità delle banche e all’ossessione del debito un’altra idea di Europa.
La crisi strutturale del sistema politico e della forma partito, con il diffondersi – soprattutto a sinistra – di “esodati della politica” consapevoli della necessità di cambiare, ci riconsegna l’urgenza non solo di annunciare ma di praticare nuove forme della politica molto lontane da quelle oggi in campo. La costruzione di un tessuto di relazioni capace di conflitto ed elaborazione collettiva, di riportare nella dimensione politica l’intera vita di donne e uomini, le loro storie e speranze.
Una rete di corpi intermedi che superi l’abisso che oggi separa la società dalle istituzioni (ex)rappresentative, senza cadere nelle forme ambigue, per quanto così efficaci commercialmente, di un altro populismo proprietario, di un leaderismo aziendale carismatico la cui base è ridotta a somma di individui anonimi, attivi sul piano amministrativo quanto deleganti su quello del pensiero forte. Affidato ai capi, soci e titolari del logo.
Questa costruzione richiede una presenza diffusa nei territori, che vanno investiti delle decisioni. Ed ha bisogno della creazione di reti fatte con intreccio di volti e di parole, in un discorso comune. Ci impegniamo per una democrazia partecipativa che può usare oggi una molteplicità di strumenti di comunicazione, ma non si può certo ridurre esclusivamente a democrazia digitale.
Scrivevamo nel nostro manifesto fondativo del marzo 2012:
“La volontà di partecipazione, di “far da sé”, di riprendere in mano il bandolo del discorso pubblico, richiede invece un modello di pratica e di organizzazione politica radicalmente altro rispetto a quello formatosi nel lungo ciclo novecentesco […]. Noi vogliamo invece affermare l’interpretazione autentica dell’espressione “metodo democratico”, vogliamo un soggetto politico che, oltre i partiti, sappia muovere dai fondamenti costituzionali per creare nuovi modelli di partecipazione politica, fondati sulla passione, la trasparenza e l’altruismo […]. Siamo stufi di leader narcisi e non vogliamo semplicemente affidarci a figure carismatiche, incoraggiate al massimo dalla moderna personalizzazione della politica. Non sopportiamo il protagonismo sfrenato e l’auto-compiacimento senza fine”.
Quel processo di costruzione di un soggetto politico nuovo, che rappresenta il nostro obiettivo progettuale, oggi è ancora più necessario e urgente. E chiede di non essere soffocato per inseguire immediate scadenze elettorali nazionali.
Per noi è fondamentale rimettere al centro di un dibattito politico sempre più surreale una vera e propria agenda politica alternativa alla crisi. E a partire da essa avviare un percorso – aperto e inclusivo ma ben organizzato – di autoformazione e di iniziativa politica.
Un’agenda che metta in primo piano i temi di una alternativa per governare una situazione ricca di possibilità ma anche di rischi: Democrazia e Costituzione; Europa e rinegoziazione-ristrutturazione del debito; Lavoro/lotta alla precarietà/politiche e piani industriali nel segno della riconversione ecologica; Beni comuni e cultura/conoscenza; Reddito di cittadinanza e nuove forme di Welfare.
Per iniziare questa nuova fase del cammino non ci sono soluzioni miracolose e immediate, ma solo un percorso di lavoro, confronto e formazione/autoformazione.
- 1. La prima tappa è a Firenze sabato 13 aprile sulla costruzione di proposte all’altezza della crisi, la seconda tappa a Bari entro maggio (in modalità partecipate) su democrazia e rappresentanza.
- 2. Ma sono necessari non solo grandi appuntamenti nazionali, ci vuole una discussione estesa nei territori: per questo lanciamo fra il 5 e il 7 aprile “tre giorni” di assemblee-iniziative pubbliche diffuse in tutta Italia.
- 3. E bisogna stare nei conflitti, per questo saremo, come tantissime/i, in Val di Susa alla manifestazione No TAV di sabato 23 marzo.
In questo terremoto generale noi ci siamo. Nel cataclisma possiamo orientarci e camminare insieme con tutte e tutti coloro che sperano, cercano e immaginano un’altra idea di società.