di Tiziana Ferri
Il mondo sta andando molto velocemente, ha preso un’improvvisa accelerazione. Sembra che, da un giorno all’altro, tutte le certezze in cui ci siamo cullati da quando siamo nati si stiano sbriciolando per far posto a una realtà che si modifica continuamente. Prendiamo la politica, per esempio.
Quello di Grillo è davvero uno tsunami. Forse chi lo ha votato ha sottovalutato le conseguenze, io comincio ad avere i brividi nella schiena. La protervia, l’arroganza, la difesa delle rendite di posizione di chi ci ha governato negli ultimi vent’anni ha portato ad avere il Parlamento, e quindi il Paese, nelle mani di un tipo che, parlando di amore, di difesa degli ultimi, di beni comuni, reddito di cittadinanza e altre bellissime cose, può fare di noi tutti quello che vuole.
Pensavo che peggio di Berlusconi fosse impossibile, invece no. Grillo è un nemico molto più pericoloso. Perché propone cose condivisibili, fa le battaglie storiche della sinistra (vedi ambiente e reddito di cittadinanza) ma rifiuta completamente l’essenza della democrazia.
Grillo uno di noi? No, io mi sottraggo. Per me la democrazia è una cosa seria e faticosa e uno che non rispetta il gioco democratico non è “uno di noi”, è uno che si può permettere di mettere insieme un movimento di sua proprietà che diventa arbitro dei destini del Paese perché il resto della politica ha fatto cose talmente orripilanti da spianargli la strada.
Il Parlamento è ostaggio di un gruppo di persone (persone, non uomini e donne, visto che anche le differenze di genere sono state azzerate da un egualitarismo totale e senza eccezioni tranne una, il capo) che sono lì in quanto prive di soggettività: abbiamo già visto che se qualcuno si azzarda a mettere in discussione i dogmi viene prontamente cacciato via Twitter o via mail, essendo il telefono un mezzo che necessita di una interlocuzione, sia pur minima, ritenuta superflua.
Ora i partiti, quelli che ci hanno portato a questo, sono nell’angolo, stretti fra due alternative agghiaccianti: arrendersi a un monocolore grillino o fare un governissimo, perdendo quel poco di elettorato che ancora conservano. L’ipotesi Bersani di accordo su otto punti mi sembra destinata a fallire prima ancora di essere messa alla prova dei numeri. Il cosiddetto Governo del Presidente rischia di essere una versione riveduta e corretta del governo tecnico, visto che il M5S sembra intenzionato a non votare nessuna fiducia. Da quello che appare ora un’altra tornata elettorale è dietro l’angolo.
La domanda è: come si presenterà la sinistra a questo nuovo appuntamento? Se il Pd, con tutta probabilità, si affiderà a Renzi (quello che non ha mai vinto un congresso, ha perso le primarie, sposa le tesi di Ichino ed è “con Marchionne senza se e senza ma”), il resto della sinistra che farà?
La risposta a questa domanda dobbiamo provare a darla tutti. Dobbiamo aprire un grande dibattito su tutti i mezzi di comunicazione che abbiamo per scrivere un programma che sia credibile e realizzabile, senza inseguire nessuno e senza essere subalterni a nessuno. E’ finito il tempo delle timidezze e delle mediazioni, è ora di essere chiari.
Cominciamo a parlare con le persone, ad ascoltarle. Da un mio sommario giro di consultazioni con gli amici che hanno votato M5S, risulta chiaro che una parte di quei voti è recuperabile. Le persone di sinistra che lo hanno sostenuto lo hanno fatto solo marginalmente per il programma, la motivazione prevalente è stata la volontà di dare uno scossone. E lo scossone c’è stato. La persona che ha più potere in questo momento in Italia è un nemico giurato della democrazia: deciderà da solo se fare o no un Governo, quali leggi proporre e quando, eventualmente, staccare la spina e tornare alle urne con il serio rischio di arrivare alla maggioranza assoluta.
Dobbiamo decidere cosa vogliamo ma soprattutto dobbiamo capire come organizzarci. Per esempio capire se Sel è ancora un interlocutore credibile o se dobbiamo creare qualcosa di totalmente nuovo. Io propendo per questa seconda ipotesi. Non partiamo da zero, abbiamo già realtà organizzate (penso alla Fiom, naturalmente, ma anche all’Arci e all’Anpi) e anche alle esperienze di questi ultimi anni che hanno creato una rete di relazioni (penso a Alba, ma anche a Cambiaresipuò e una parte di Senonoraquando).
Nessuno ci tirerà fuori da questa situazione. Noi il guru non lo abbiamo ma soprattutto non lo vogliamo. Abbiamo schiere di intelligenze e competenze per fare questo lavoro, non possiamo più aspettare che ci pensino i professionisti della politica. Cominciamo col lanciare un grande dibattito ma teniamo ben presente che non abbiamo più nessuno a cui delegare la parte organizzativa.
Scendiamo in campo tutte e tutti.