di Guido Ambrosino
Il nostro giornale è in liquidazione. La testata è in vendita. Due gruppi privati sono interessati a acquistarla. E se invece la comprassero insieme i lettori e i giornalisti? I collaboratori del manifesto invitano a discuterne al Cinema Palazzo occupato domenica 9 dicembre 2012, alle ore 10 Piazza dei Sanniti, quartiere di San Lorenzo, Roma
Perché l’assemblea
Gli eventi attorno al manifesto precipitano: il 2 dicembre i commissari liquidatori della “cooperativa editrice il manifesto“, che detiene il 78% della testata (il 22% è posseduto da lettori e sostenitori soci della “manifesto Spa”), hanno comunicato il termine del 17 dicembre per presentare offerte d’acquisto. Finora è noto l’interesse di due gruppi privati. Resterà tempo per far decollare la terza proposta, approvata a grande maggioranza dall’assemblea del 4 novembre, convocata a Roma dai circoli del manifesto: l’acquisto della testata da parte di una larga cooperativa di lettori, collaboratori e redattori?
Mentre incalza la procedura di liquidazione, la “redazione” si è disfatta. A via Bargoni, dopo gli addii di Rossanda, d’Eramo, Vauro, Halevi, e ancora di Robecchi, dopo lo sciopero della firma annunciato da 11 giornalisti “storici”, resta un “gruppo di gestione” che non può più rappresentare la continuità del manifesto.
Il manifesto, irrimediabilmente spaccato al “vertice”, può essere ricostruito dal basso e dal margine come nuovo giornale condiviso, a partire dalla solidarietà che ancora lega lettori, sostenitori dei circoli e molti collaboratori? O finirà nelle mani di un guppo di eredi contro l’altro, che si approprierebbe di “quel che resta” con l’aiuto dei rispettivi “finanziatori” di riferimento?
C’è ancora tempo?
Francesco Mandarini, presidente della “manifesto Spa”, ha trovato un errore nel bando dei liquidatori, che offrono come “primo lotto” l’intera testata del manifesto. Avrebbero potuto – obietta Mandarini – mettere in vendita solo il pacchetto del 78%. Se il ricorso di Mandarini sarà accolto, e si dovrà rifare il bando, si guadagnerà qualche settimana.
Chi convoca l’assemblea?
È stata convocata dai circa 35 collaboratori del giornale riuniti nella mailinglist collaboratori-il-manifesto@googlegroups.com. Ci si può iscrivere mandando un messaggio a collaboratori-il-manifesto+subscribe@googlegroups.com. La piccola rete è nata dopo l’assemblea del 4 novembre, anche per nominare due rappresentanti dei collaboratori (Maria Grosso e Andrea Palladino) nel “gruppo di lavoro per la proprietà collettiva” voluto in quell’occasione (si è riunito solo una volta senza approdare a nulla, perché i rappresentanti della redazione hanno insistito per continuare a esplorare anche “altre vie”).
I collaboratori di questa rete sono tutt’altro che concordi. L’assemblea alcuni la volevano per i soli collaboratori, altri aperta a tutti. Alcuni insistevano per mettere al centro la proposta di proprietà collettiva, altri per non escludere a priori altre soluzioni. Tutti lamentano la mancanza di informazioni. Per questo abbiamo invitato sia Claudio Albertini (proposta Mastagni), sia Emanuele Bevilacqua (proposta Cuccia-Gamucci). Non sappiamo se verranno. Nei giorni scorsi circolava una seconda proposta di testo per annunciare l’assemblea.
Qui, per non irritare i fautori della privatizzazione della testata a via Bargoni, si evita perfino di nominare la proprietà collettiva, anche perché si vuole chiedere al giornale di pubblicare l’annuncio. Il manifesto lo pubblicherà? Intanto inviterei tutti i destinatari di questa newsletter a far girare l’invito (nella forma che preferiscono) tra i loro contatti “manifestini”. Aiutiamoci col passaparola.
Quanti saremo?
Il cinema Palazzo, occupato da un team di autoproduttori di cultura, mette generosamente a disposizione una sala da 250-300 posti. Una scelta azzardata, per un appuntamento confermato all’ultimo momento. Pareri contrastanti sulla mailinglist. “Saremo quattro gatti”? Gli ottimisti replicano che molti vogliono capire cosa sta succedendo a via Bargoni, e non si sono rassegnati alla fine del manifesto: “Se riusciremo a dare pubblicità all’appuntamento, non saremo pochi”.
Valentino Parlato verrà. Verrà anche Michael Braun, corrispondente della taz a Roma, per parlarci del suo giornale berlinese autogestito, edito da una cooperativa di 12mila lettori-sostenitori.
Cresce la diaspora
Dicevamo all’inizio che undici giornalisti hanno “sospeso” l’uso della firma sul giornale: Loris Campetti, Mariuccia Ciotta, Astrit Dakli, Ida Dominijanni, Galapagos (Roberto Tesi), Maurizio Matteuzzi, Angela Pascucci, Francesco Paternò, Francesco Piccioni, Gabriele Polo, Roberto Silvestri. Tre sono redattori a tempo pieno (Paternò, Piccioni, Polo), gli altri continuavano a scrivere gratuitamente per il giornale dopo aver accettato il prepensionamento.
La loro è una protesta contro la scelta di qualificare come “fuoco amico” – uno sleale bombardamento dalla proprie file – il dissenso e il disagio che si era già espresso nell’allontanamento di Rossana Rossanda, di Vauro, di Marco d’Eramo, di Joseph Halevi.
La rottura con Rossanda
La crisi politica della redazione è precipitata con la scelta di non mettere nemmeno all’ordine del giorno in assemblea l’urgente richiesta di Rossanda di intendersi sulla ragion d’essere del giornale: “Identità e finalità del manifesto non sono più quelle delle origini, ma il mutamento non è stato dichiarato. Così come sembra scomparsa, anche qui senza un’argomentazione esplicita, la nostra ricerca di un marxismo critico (…). Tale andazzo non è accettabile e il progressivo diminuire dei lettori e dell’ascolto lo conferma. Ammesso che la testata possa riprendere su una base economica sana, e finché direzione e collettivo non avranno votato la decisione di rompere con la sua origine, il manifesto ha l’obbligo politico e morale di definirsi rispetto alla sua intenzione fondativa” (Da dove ricominiciare, il manifesto del 19 settembre 2012).
Il 25 ottobre, a fianco di un articolo di Valentino Parlato che faceva proprio il Da dove ricominciare di Rossanda, Norma Rangeri e Angelo Mastrandrea replicavano con un orgoglioso Abbiamo già cominciato: “Una cosa deve essere chiara: chi ha fatto il giornale nella sua fase più difficile non si farà da parte”. Poi, a commento dell’addio di Rossanda, si è proseguito col “Siamo qui”, che suona come un ci siamo e ci resteremo: “Con l’elmetto, spesso non per ripararci dai colpi esterni, ma da quelli che venivano dall’interno”.
Il dilemma dei collaboratori
I collaboratori non hanno né voce né voto nelle assemblee di via Bargoni. Non sono unanimi. Ma chi tra gli opinionisti o i free-lance ritiene intollerabile che un “gruppo di gestione” con l’elmetto si prenda “quel che resta”, con una nuova cooperativa giornalistica di 25 fedelissimi, ha pur sempre la sua forza lavoro – precaria o onoraria che sia, per far capire a Norma Rangeri che dovrebbe dimettersi, e lasciar posto a una direzione di garanzia. E che la nuova redazione andrà costituita a partire dal consenso sul Da dove ricominciare di Rossanda e dalla disponibilità a lavorare a una nuova, larga, proprietà collettiva.
Smettere subito di scrivere, o almeno di firmare seguendo l’esempio degli 11? Ne parleremo all’assemblea. Comunque io proporrei di scrivere una lettera aperta ai fratelli Mastagni e alla società di Cuccia e Gamucci, e per conoscenza ai commissari liquidatori: “Gentili signori, annunciamo sin d’ora che le ragioni della nostra collaborazione al manifesto verranno a cessare nel caso la testata venisse acquistata da privati”. Siamo liberi collaboratori di un “quotidiano comunista”, o caporali?
Per chi non potrà venire
Potete sottoscrivere l’appello “Il nostro manifesto“: una carta d’intenti per un nuovo giornale condiviso da lettori, collaboratori e redattori, con un messaggio a g.ambrosino@t-online.de