di Costantino Giordano, associazione Avvocato di strada
A poco meno di un mese dalla chiusura dell’Emergenza Nord Africa, ovvero il piano d’accoglienza dei richiedenti asilo fuggiti dalla Libia in fiamme, anche Bologna si appresta a concludere il primo esperimento di accoglienza ai tempi del federalismo. E l’esodo dei profughi, cominciato diversi anni fa nei rispettivi paesi di origine, continuato fra le carceri e le angherie di Gheddafi e passato per Lampedusa, sta per finire in maniera brusca e approssimativa negli uffici della prefettura.
L’emergenza, partita il 12 febbraio 2011, prevedeva un progetto rapido di accoglienza, mediazione, alloggio e assistenza sanitaria per accompagnare ogni singolo migrante verso l’esame in Commissione, l’organismo che ascolta la storia di ogni singolo richiedente asilo, valuta le prove addotte e decide se concedere o meno lo status di rifugiato politico. L’audizione, a norma di legge, è da tenersi entro 30 giorni dalla formalizzazione della richiesta di asilo, eppure l’emergenza si è trascinata per un anno e nove mesi in cui i profughi hanno vissuto nei centri d’accoglienza in perenne attesa di una convocazione mai arrivata, per la gioia della Lega Nord che negli ultimi comizi è tornata a parlare di immigrazione, accusando i “finti” profughi di “banchettare” a nostre spese.
Ma se qualcuno ha ricavato un profitto economico queste sono state le cooperative, le associazioni nate all’improvviso o anche solide organizzazioni come la Croce Rossa e addirittura alberghi, agriturismi e case vacanze che, approfittando del panico del ministero dell’Interno, hanno firmato contratti di accoglienza nel momento in cui i profughi giunti a Lampedusa, in un impeto di federalismo, venivano “distribuiti” equamente nelle diverse regioni d’Italia.
Così anche gli agriturismi in crisi, improvvisamente moderne “strutture d’accoglienza”, hanno incassato una media di 46€ al giorno per ogni singola persona accolta, per poi, in alcuni casi, abbandonare a se stessi i profughi, senza alcun programma di mediazione, integrazione e preparazione alla Commissione e col risultato che in alcune città per gli uomini si è aperta la strada dello spaccio, per le donne quella della prostituzione.
Dopo quasi due anni di attesa senza notizie, negli ultimi giorni non si può dire che le commissioni e il ministero non abbiano lavorato: in vista del “liberi tutti” del 31 Dicembre, data di scadenza dell’Emergenza Nord Africa e relativa fine dei fondi alle strutture d’accoglienza, alcune circolari hanno dato la notizia che arriverà un permesso umanitario per tutti, attraverso una procedura piuttosto creativa. In pratica, tutti i richiedenti asilo che hanno visto rigettata la domanda di protezione internazionale possono chiedere un riesame della propria posizione, a condizione che rinuncino contestualmente all’audizione, per permettere alle Commissioni territoriali di rilasciare un permesso umanitario della durata di un anno. Ciò vuol dire che dopo un anno e nove mesi di attesa senza una vera accoglienza, mediazione e programmi di integrazione, appena arriva il diniego si riformula la domanda e si ottiene un permesso di soggiorno, come una sanatoria-premio per sfinimento.
A Bologna di richiedenti asilo ne sono arrivati 214. Un primo gruppo di Nigeriani, 130 ragazzi tra i 20 e i 40 anni che prima della guerra facevano i manovali, gli operai e i contadini della borghesia libica, sono finiti nelle ex caserme dei Prati di Caprara. La struttura, gestita dalla Croce Rossa, è organizzata in box da 6 o 7 persone che fanno la lotta ogni mattina per approfittare dell’unico bagno con acqua calda per tutti e 130, allestito in un container esterno. Un secondo gruppo, più eterogeneo, di giovani provenienti da Nigeria, Somalia, Ciad, Ghana, Sierra Leone, Mali e Bangladesh, invece, ha trovato ristoro a Villa Aldini, nella ex casa di riposo gestita dal consorzio di cooperative Indaco. In attesa dell’audizione, nelle camere della struttura sui colli bolognesi due ragazze hanno fatto in tempo a portare avanti una gravidanza e partorire due bambine che già gattonano.
Tra gli ultimi in tutta Italia a essere convocati ci sono proprio i ragazzi di Villa Aldini, per i quali la Commissione territoriale farà uno speciale sprint finale. Arrivati a giugno 2011, i profughi sono stati convocati solamente il 20 novembre 2012 per fissare un calendario di audizioni fittissimo, al ritmo di sei profughi al giorno da ascoltare, rifiutare, mandare in questura per riformulare la domanda, ottenere un permesso di soggiorno di un anno e lasciare Villa Aldini per andare non si sa dove.
Il tutto rigorosamente entro il 31 dicembre, chiusura ufficiale dell’Emergenza Nord Africa, quando i profughi avranno sì un permesso di soggiorno, ma finiranno allo sbando, mentre gli agriturismi, il 31 dicembre, non si porranno più problemi di clienti.
Questo articolo è stato pubblicato su Piazza Grande il 22 novembre 2012