di Marino Calcinari, circolo del Manifesto di Trieste
È importante e fondamentale garantire la sopravvivenza e la continuità del Manifesto, “quotidiano comunista”. Per moltissimi motivi. I più evidenti sono quelli legati alle vicende e alla storia politica della sinistra radicale in Italia, di cui il Manifesto ha rappresentato la fotografia più critica e realista possibile poiché intelligentemente ha saputo interpretare, rielaborare e tradurre i linguaggi di percorso e le proposte politiche che storicamente venivano elaborate, rappresentando un punto insostituibile di riferimento, autonomo e autorevole, in una battaglia ideale di rinnovamento ideologico che andava ben oltre i limiti angusti delle perimetrazioni politico organizzative della sinistra extraparlamentare.
Gli altri, non meno importanti motivi, riguardavano e interessano ancora oggi il dibattito vero sull’informazione, sulla comunicazione, sulla trasmissibilità, la veicolazione e la socializzazione di notizie e/o letture critiche della realtà, non assimilabili alla pretesa oggettivazione della verità dominante, quella dei ceti dominanti, che assurgono grottescamente a livello di dogma (e perciò disvelano anche la natura idealista e reazionaria di cui quella sedicente verità è espressione materiata e ideologica).
La scomparsa del Manifesto a seguito del venir meno della sua indipendenza economica o il cattivo esito dell’acquisto della testata sarebbero colpi durissimi e irrimediabili, che priverebbero tutta la sinistra di un prezioso sostegno alle ragioni e alle lotte dei lavoratori, delle donne, dei precari, degli studenti. Quali forze mettere in campo per scongiurare il concretizzarsi di questo esiziale scenario?
Innanzitutto occorre fare massa critica, ricompattando i vari fronti oggi esistenti e che riguardano il collettivo storico, il collettivo redazionale oggi in carica, i giornalisti e i lavoratori dipendenti della attuale cooperativa. Ma serve anche un più largo sostegno dai circoli, dai lettori dispersi sul territorio, occorre ripensare ed organizzare attraverso di essi la diffusione del giornale via email o via web, anche producendo o inventando testate locali, che facciano riferimento, nel nome ma soprattutto nei contenuti, alla nostra storica testata. Tale iniziativa, se coordinata e diffusa sarebbe propedeutica alla ricostruzione di un punto di vista comune, e critico, della sinistra diffusa.
L’invito di Luciana Castellina in tal senso è esplicito e non è antitetico all’esigenza di far vivere comunque un foglio cartaceo, ma qui tutti noi dovremmo essere in grado di stabilire alcune priorità e di valutare i costi, ovvero le risorse ancora disponibili. L’assemblea dei circoli del Manifesto ha avanzato una proposta nell’assemblea di Roma del 4 novembre. Non può non essere una proposta sensata e praticabile, ancorché economicamente sostenibile.
Ma si fonda appunto su un ordine di priorità ben definito, quello della salvezza del giornale, da cui far discendere ogni postulato successivo di proprietà e di definizione di linea. Ci auguriamo che prevalga tale impostazione perché del Manifesto c’è ancora, più che mai, bisogno a sinistra, e in un quadro plurale di non omologata informazione.