di Francesca Mezzadri
In Emilia-Romagna sono presenti ancora 1.504 profughi provenienti dal Nord Africa in attesa di conoscere il loro destino e il 31 dicembre terminerà il loro stato di emergenza: che cosa ne sarà di loro? Questa è la domanda che molti di noi si sono posti in quest’ultimo mese e che è stata sollevata anche oggi, 30 ottobre, in occasione della presentazione del Rapporto Caritas Migrantes 2012 presso la sede della Regione Emilia Romagna.
Secondo quanto hanno riportano le agenzie, la richiesta dell’assessore al welfare regionale, Teresa Marzocchi, che verrà mossa oggi a Roma durante il Tavolo di confronto nazionale degli enti locali, è quella di regolarizzare i profughi senza dover prorogare l’emergenza, visto che tutti hanno diritto al permesso umanitario. Come spiega l’assessore: “Non si può pensare che dopo due anni queste persone diventino irregolari: abbiamo investito su di loro e le conosciamo tutte”.
Quello che verrà richiesto al governo è particolare attenzione per le categorie e le famiglie più deboli con minori a carico e, soprattutto, il permesso di soggiorno in modo che le persone possano cercare lavoro in tutta Italia e spostarsi più facilmente. Purtroppo la situazione è abbastanza drammatica visto che quest’anno sono state fin troppo numerose le richieste di asilo politico o di status di rifugiato, e ancora di più i ritardi negli uffici, dovuti anche alla situazione di crisi e al terremoto che ha colpito la nostra Regione. Persone che avrebbero potuto iniziare a lavorare già da 6 mesi dopo il loro arrivo in Italia, sono ancora ferme in un limbo di immobilità.
E non sono certo contente di questa situazione: proprio ieri alcuni dei 130 nigeriani attualmente ospitati nella zona dei Prati di Caprara a Bologna si sono riuniti per manifestare in un corteo in centro città. E queste sono persone che da anni sono impegnate in attività di volontariato e lavorano in tribunale sui fascicoli per 1 euro al giorno, come specifica Rita Paradisi dell’ufficio politiche per l’immigrazione della Provincia (Dire), dunque abbandonerebbero volentieri lo status da “nullafacenti a carico dello Stato”con il quale spesso vengono etichettate. Gran parte dei 1.504 profughi ha rifiutato anche la proposta di rientro assistito in patria: non bisogna infatti dimenticare che si tratta di gente proveniente da paesi dove la situazione non è semplice.
Ma esempi positivi in regione esistono lo stesso: è il caso di Imola dove 10 profughi tunisini, arrivati ad aprile 2011, hanno trovato casa e lavoro grazie al permesso di soggiorno per motivi umanitari. Sempre secondo Rita Paradisi, è stata la richiesta di questo permesso “a fare la differenza” consentendo loro di iniziare a lavorare da subito, mentre quella di asilo politico risulta più lenta e meno “spendibile”. E non c’è solo Imola tra i casi virtuosi. La speranza è dunque quella che ora il governo possa mettere un freno all’emergenza, ma con la regolarizzazione.