di Giorgio Dal Fiume
Non bastasse la dura realtà che ci circonda, vi ci mettete anche voi a farci del male! Confermo quanto scrive Ermanno Rea: vista da fuori la vostra ardua polemica è incomprensibile. Accusiamo i politici di essere lontani anni luce dalla società civile, ma alcuni tra voi mi sembrano lo siano altrettanto dalla maggioranza dei lettori del nostro amato giornale, e soprattutto da quelli che potrebbero leggerlo in futuro. Ma cosa vuol dire Parlato (e chi dentro il manifesto sostiene le sue tesi) quando scrive che il giornale non produce «il discorso politico e multiculturale che spesso ci è riuscito di fare nel nostro passato»?
Ogni mattina quando vi compro mi meraviglio del miracolo di qualità e contenuti e coerenza (anche politica) che riuscite a fare, nella situazione drammatica che sappiamo, e con le tensioni interne che vivete. Questa direzione ed il vostro collettivo hanno la mia stima e riconoscenza. Non altrettanto invece chi promuove ragionamenti (e mi riferisco alla pur stimata Rossanda) non appropriati ad un giornale, anche di sinistra radicale. Sono pienamente d’accordo col rivendicare con orgoglio il «non avere una linea», perché basta leggere il giornale per rendersi conto di come la lettura della realtà che ne emerge svolga un doppio servizio ai lettori, essendo allo stesso tempo plurima e indagatrice, ma ricordandoci sempre i valori di base della sinistra e la complessità insita nella costruzione di una politica alternativa al neoliberismo ed al conformismo culturale che ci circonda.
Radicale ma non cieca né settaria. Il manifesto è un giornale vivo, curioso, che non ha paura delle contraddizioni, perché è un giornale, e non un comitato centrale! Non vi basta?! D’accordo nel discuterne, ma smettete di bombardare il quartier generale e di minare il lavoro di chi per elezione maggioritaria o per (ahimè) mancanza di alternative si assume la responsabilità di governare il giornale, senza a mio avviso tradirne in alcun modo storia e prospettive. Ed anche i circoli del manifesto stiano attenti: se dal fondamentale ruolo di supporto e stimolo pretendono di assumere un ruolo non di «azionariato popolare» (che auspicherei) ma di coeditore, assisteremo ad un’ennesima puntata dei fallimenti indotti dal populismo di sinistra, velleitario e più attento alle astrazioni teoriche che al come incidere sulla realtà quotidiana. Un giornale non si fa con i congressi, la sua «direzione politica diffusa» è validata e/o criticata tutti i giorni da chi lo compra.
Sarebbe davvero il colmo che a riuscire ad abbattere il manifesto non siano i De Corato ed i «nemici di classe» storici, bensì i suoi stessi fautori e sostenitori: non vi azzardate! Con tanti auguri di pace e capacità di mediazione.
Questo articolo è stato pubblicato sul Manifesto del 27 ottobre 2012