Quello che più colpisce dell’evento sismico di questi giorni, oltre al dramma delle popolazioni colpite ed al lutto per le morti, è che la distruzione abbia interessato edifici “nuovi” di tipo industriale. Quattro gli operai morti al lavoro. Eppure, al di là delle singole cause e delle responsabilità individuali di chi ha eventualmente progettato o prodotto strutture “finte” sismiche, non c’è da stupirsi. La normativa antisismica è infatti un approdo recente.
E’ solo nel 2003, con l’emanazione dell’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3274, che si giunge ad una prima proposta organica di classificazione della sismicità del territorio nazionale, che diventa sì operativa, ma non immediatamente vincolante per tutte le situazioni.
Fino ad allora il livello di sismicità del territorio nazionale era determinato ed aggiornato più che altro su base statistica, cioè sulla base degli accadimenti storici e nell’ultima classificazione del 1984 gran parte del territorio della regione Emilia Romagna, comprese le aree oggi colpite dal sisma, risultava non classificato.
Questo vuol dire che la progettazione e la realizzazione di qualsiasi edificio antecedente il 2003, in questi territori, non comprendeva tra le variabili di calcolo quella della sollecitazione sismica.
L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia nel 1998 aveva elaborato una proposta di riclassificazione, che tra l’altro aumentava il grado di rischio sismico per l’intera Emilia Romagna, ma non ebbe nessun seguito.
La struttura degli edifici industriali/artigianali, quasi sempre prefabbricati, è generalmente costituita da un sistema puntiforme di pilastri con travi sovrastanti, a cui sono appoggiati elementi di copertura a grande luce (anche oltre i 20 metri), che costituiscono il peso più rilevante a cui la struttura sottostante è sottoposta; uno schema di particolare “fragilità” rispetto ad una sollecitazione ondulatoria. Caricate una libreria solo negli ultimi ripiani e fatela ondeggiare, anche con una spinta minima si ribalterà.
Qual è il patrimonio industriale antecedente al 2003 edificato in zone non classificate fino a quel momento? Nelle aree interessate dal nostro sisma, la quasi totalità.
Ed allora, se da un punto di vista giudiziario sarà difficile individuare un colpevole (a meno di irregolarità costruttive che non possiamo in questo momento escludere), da un punto di vista morale ed omissivo un colpevole c’è: lo Stato.
Uno Stato che (e spiace constatarlo) senza distinzione tra destra e sinistra non ha avuto finora tra le proprie priorità la salvaguardia della salute e della vita dei propri cittadini, che impiega decenni per scrivere leggi di tutela, ed anni per applicarle, passando di proroga in proroga.
Sempre pronto a trovare i soldi per caccia bombardieri o per guerre umanitarie o per grandi ed inutili opere (Centrali nucleari, Tav, ponte sullo Stretto di Messina) o a detassare gli investimenti per la costruzione di capannoni (legge Tremonti) senza preoccuparsi di richiedere in cambio almeno maggiore sicurezza ed efficienza energetica degli edifici. E potremmo continuare.
Lo stesso Stato che impone ai proprietari la messa in sicurezza degli edifici strategici o di “rilevanza in relazione alle conseguenze in caso di un eventuale collasso”in caso di sisma (scuole, edifici pubblici di qualsiasi genere, etc.), salvo poi non mettere a disposizione i fondi necessari, sapendo bene che quei proprietari, Regioni, Province, Comuni e lo stesso Stato non hanno la capacità di attuarlo e non lo attuano.
Fiumi di parole e di promesse, di falsa indignazione ci alluvionano ad ogni calamità e niente cambia. La strada c’è, ma non con questa classe dirigente. E si continuerà a morire per “eventi non prevedibili”.
Mauro Chiodarelli